Del maiale si sa non si butta via niente, figuriamoci poi se quello di cui stiamo per parlarvi è un salume fatto con le sue parti più nobili da antichi norcinieri che si tramandano la ricetta da più generazioni. Si tratta della Mariola, un insaccato tipico della Bassa Parmense.
Agli inizi del XX secolo era consuetudine delle zone parmensi, piacentini e cremonesi, attorno al giorno della Madonna dell’Immacolata, macellare il maiale. Quest’ultimo aveva oramai raggiunto il peso ideale dei 150-200 chilogrammi ed il clima freddo favoriva la macellazione e la successiva conservazione delle carni. La Mariola per le sue dimensioni di salame largo, il caratteristico sapore e la lunghissima stagionatura, era spesso il salame delle festività Natalizie. La sua conservazione era frutto dell’esperienza tramandata da generazioni. Il nome Mariola deriva da quello del budello utilizzato per la sua insaccatura, l’intestino cieco, che ha tra le sue caratteristiche quella di essere piuttosto spesso e quindi particolarmente adatto per portare avanti nel modo migliore il periodo della stagionatura.
La Mariola si ottiene attraverso la macinatura grossa della carne più magra di suini di qualità (solitamente stinco e spalla) allevati localmente miscelati a della cotenna tritata a cui viene aggiunto un mix di spezie. Le razze di suino utilizzate sono di norma la Mora romagnola e la Nera parmigiana, dure razze storicamente presenti nel territorio parmense. Il macinato grosso viene quindi aromatizzato con del vino bianco e dell’aglio che danno un gusto deciso e marcato a questo ottimo salame.
Una volta distribuito nel suo budello di grandi dimensioni e dallo spessore notevole, l’insaccato deve essere fatto stagionare per almeno per 90 giorni, ma si può arrivare anche da un anno in cantina. È questo infatti di norma il luogo che offre le migliori condizioni naturali per ottenere un risultato finale di eccellenza.
È un salame molto particolare che rischiava di cadere in disuso perché difficile da stagionare a causa delle sue grandi dimensioni. Se si stagiona troppo in fretta il rischio è quello di ritrovarsi con una crosta attorno all’insaccato, mentre se la stagionatura viene eseguita troppo lentamente la mariola rischia di inacidirsi e bucarsi al suo interno.
Di questo prelibato salume ne esistono due versioni: c’è la Mariola cruda e la Mariola cotta. La versione cruda può essere affettata come il salame, quella cotta assume le sembianze di un cotechino dalla carne più magra. Anticamente le famiglie benestanti richiedevano esclusivamente quella cruda, quella da stagionare, perché più difficile da ottenere. Le famiglie più povere, non potendo permettersi un prodotto così difficile da conservare, preferivano quella da cuocere. Al naso, la Mariola cruda rilascia note intense ben bilanciate tra la parte sapida e quella più dolce, una meraviglia per il palato dove è possibile assaporare un retrogusto lunghissimo. Quando viene affinata nel modo corretto, nella fetta di mariola appena tagliata potrete trovare un “lacrima”, un segno di grande nobiltà rintracciabile nei salumi più vecchi.
Essendo prima di tutto un salame, la Mariola cruda può tranquillamente essere la regina in un bel tagliere di affettati. Grazie al suo sapore intenso renderà il vostro antipasto squisito, prelibato, goloso e soprattutto indimenticabile per amici e ospiti della vostra tavola. L’abbinamento ideale è con vini del territorio come il Lambrusco, la Bonarda piacentina. Sia nella versione cruda che in quella cotta si abbina molto bene anche con crostini, formaggi e mostarde.
Fonte testo: www.spaghettiemandolino.it
Fonte immagini: www.anticacortepallavicina.it, www.spaghettiemandolino.it, www.salumificiopevericarlo.com